sabato 6 settembre 2014

Buon Compleanno Sommo!

Oggi, uno degli autori a cui sono più legata anche emotivamente, Andrea Camilleri, compie 89 anni! Come non ricordare l'evento? E come non ripercorrere mentalmente le tappe che hanno portato alla nostra conoscenza? Era il lontano 2002 ed ero una studentessa universitaria che stava per completare il suo percorso..."Il re di Girgenti" fu il collante del nostro incontro nel maggio del 2003...
Come non ricordare, rievocare, riportare alla luce quell'esperienza indimenticabile...
Auguri Sommo!

martedì 2 settembre 2014

La festa dell'insignificanza di Milan Kundera

«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. È con noi ovunque e sempre. È presente anche dove nessuno la vuole vedere: negli orrori, nelle battaglie cruente, nelle peggiori sciagure. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla».

«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita».
È in queste poche parole che è racchiusa la chiave di lettura dell’ultima fatica letteraria di Milan Kundera che, dopo quattro anni di silenzio, è ritornato in libreria con uno scritto difficilmente “catalogabile”. Del resto, come “catalogare” un testo che all’apparenza potrebbe sembrare un “banale” divertissement (seppure molto raffinato!), ma che, in realtà, custodisce e contiene in esso un’amara meditazione sull’essenza della vita? Una vita che Kundera, attraverso i suoi personaggi snocciola con la sua consueta ironia. Un’ironia che viene usata con grande maestria per mettere a confronto il presente ed il passato, il reale e l’inventato. Un reale e un inventato che si fondono e si confondono per lasciare campo aperto a folgoranti digressioni su temi a carattere storico, filosofico, artistico e musicale. Digressioni che, inevitabilmente, ci inducono a riflettere sull’individuo. Un individuo che, si legge tra le pagine del testo, viene messo davanti ai misteri irrisolti della vita e diviene anch’egli “insignificante”. “Insignificante perché l’autore, volutamente, dipinge i suoi personaggi come sagome indistinguibili, come senza identità. A tratti si ha quasi la sensazione che essi siano delle marionette create da un demiurgo, un maestro che talvolta si diverte a intervenire. Alla fine, ciò che emerge è che il mondo attuale è fatto do omologazione, uniformazione e insignificanza. Ma siccome non si può rivoluzionare il mondo, tanto vale non prenderla sul serio.
E se il lettore può trovarsi disorientato e non comprendere l’apparente disordine narrativo, al termine dell’opera tutti i pensieri trovano il loro incasellamento e la figura protagonista di questo romanzo/non –romanzo appare nitida nella mente.
«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. È con noi ovunque e sempre. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla».
Ed è con libri come questi che non si può non ritenere veritiera l’affermazione di sir Francis Bacon che diceva:
«Alcuni libri devono essere assaggiati, altri trangugiati, e alcuni, rari, masticati e digeriti».
Buona lettura a tutti!


mercoledì 25 giugno 2014

A proposito di...Costituzione!

«Lo stato è la Costituzione a patto che la contenga in sé davvero. Attualmente non è che una vuota scorza.»
Leonardo Sciascia


Negli ultimi giorni, ho letto e riletto questa frase non so quante volte. Forse perché la sento un po’ mia o forse perché sto semplicemente vivendo il disincanto di chi, questa Costituzione, la sta vedendo violentata, calpestata, umiliata, offesa.
Non c’è giorno in cui non si assiste al triste “spettacolo” di uomini “di potere” che abusano della loro “autorità” per disonorare quei principi e quegli ideali per cui ogni Costituzione nasce.
Si parla tanto di diritti e di doveri, ma non se ne conosce più l’essenza, il significato più profondo.
Non è un caso che, giorno dopo giorno, assistiamo al vanificarsi di quei tanto osannati principi che dovrebbero regolamentare il vivere civile. Un vivere civile che non dovrebbe mai mancare di rispetto a quel “elemento” fondamentale che è l’Uomo, ossia quell’individuo che, in quelle norme, ricerca la propria tutela. Una tutela che, troppo spesso, si sta vedendo mancare perché altri sono gli interessi di chi ci governa.
Vedesi il caso del Muos!
In questi giorni abbiamo assistito all’orrore e all’assurdità di un Senato che si è sottomesso arbitrariamente ad un’altra nazione che non ha nessun diritto di decidere le sorti di una Regione. Una Regione che sta vedendo vilipesi una miriade di diritti tra cui il diritto alla salute e alla conservazione dei beni paesaggistici e ambientali; ma anche il sacrosanto diritto di non veder calpestata, distrutta e annientata la propria Terra per puro opportunismo politico!
Dov’è finita la democrazia? Dov’è finita l’etica, la morale? Dov’è finita la sovranità popolare? Dov’è finito il rispetto per i diritti umani? Dove sono finiti i valori quali la libertà, la giustizia, il rispetto reciproco, la non violenza?
Dov’è la nostra Costituzione? Dov’è?
È sprofondata negli abissi! Negli abissi del bieco interesse di pochi, di quei pochi che, impropriamente, stanno facendo man bassa di un territorio e di quei cittadini cge, in quel territorio, ci vivono…



                            Tina Cancilleri

lunedì 23 giugno 2014

Pensieri crepuscolari...

Al buio le cose appaiono in maniera diversa rispetto a come le abbiamo sempre immaginate.
Per una strana alchimia assumono una consistenza diversa, un significato diverso, un valore diverso.
Forse perché il buio ci induce alla riflessione o forse perché il buio ci costringe a vedere oggetti e persone sotto una luce diversa, talmente diversa da farci rivalutare i nostri pensieri. Pensieri che cercano di mettere a fuoco eventi e persone che fanno parte della nostra vita da sempre e di cui noi ci siamo “costruiti” un’immagine che mai avevamo pensato di poter rivalutare.
Eppure succede! Un giorno ci si “sveglia” e ci si accorge che quelle persone sono decisamente differenti rispetto a come le avevamo immaginate, rispetto a come le “avevamo vissute”, rispetto a come ci eravamo illusi che fossero.

Ed è come se da quel “buio” da cui quel pensiero è scaturito emergesse la “luce”. Una luce che ci consente di vedere quelle persone nella giusta dimensione e senza “veli”; veli che sono stati rimossi e che sottolineano quelle “ombre” interiori che tu non avevi mai voluto vedere e che adesso, con lucidità, osservi ed incanali per dar loro il giusto peso.


    Tina Cancilleri

giovedì 19 giugno 2014

Letture sparse...

Quelle macchie - il difetto di fabbrica della sua esistenza - sarebbero rimaste lì, sospese, insieme a tutto il resto (e quanto resto c'era stato da sopportare!) senza che nessuna gioia futura potesse cancellarne la gravità.
Il ricordo di quel momento la umiliava sempre: era da allora che quell'anellide smunto privo di personalità, frustrato e infelice per tutte le delusioni che la vita gli aveva riservato (Vittoria scoprì solo da adulta che suo padre era frutto di una violenza sessuale, e che da giovane era stato in carcere per una rapina), non era stato più un uomo da rispettare, ma solo qualcuno che aveva causato prima e prolungato poi, durante tutta la loro esistenza, l'infelicità di sua madre.Non era più riuscita a guardarlo con gli occhi clementi di una figlia, e ora, anche se era morto, non poteva perdonargli quelle ferite e mettere un fiore sulla sua tomba.

Catena Fiorello, "Casca il mondo, casca la terra", Rizzoli.

domenica 15 giugno 2014

Paolo Borsellino, “Il discorso dell’amore”.

Ad un mese di distanza dalla Strage di Capaci, dalla morte del giudice Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ricorda il fraterno amico ed il fedele compagno in un discorso tenuto a Palermo il 23 giugno.
È il suo ultimo intervento pubblico.
Dalla sua lettura emerge con drammaticità la solitudine e l’amarezza di questo giudice che, se da un lato denuncia la mancanza di tutela da parte dello Stato, dall’altro mette in rilievo il suo idealismo, il suo amore per l’amico scomparso…per la vita…per lo Stato…per la sua Terra…

«Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con la perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.
Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è sempre stato pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore!
La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato.
Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto ed ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare dalle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria cui essa appartiene.
[…] Per lui la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni […], le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone […] quando in un breve periodo di entusiasmo, conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: ‘La gente fa il tifo per noi’. [Qui Borsellino si ferma per quasi due minuti, per gli applausi che lo sommergono]. Questa stagione del ‘tifo per noi’ sembrò durare poco, perché ben presto sopravvenne il fastidio e l’insofferenza al prezzo che per la lotta alla mafia doveva essere pagato dalla cittadinanza. Insofferenza alle scorte, insofferenza alle sirene, insofferenza alle indagini, insofferenza che finì per legittimare un garantismo di ritorno, che ha finito per legittimare a sua volta provvedimenti legislativi che hanno estremamente ostacolato la lotta alla mafia, il loro codice di procedura penale. E adesso hanno fornito un alibi a chi, dolosamente spesso, colposamente ancor più spesso, di lotta alla mafia non ha più voluto occuparsi.
In questa situazione Falcone andò via da Palermo.
Non fuggì ma cercò di ricreare altrove le ottimali condizioni per il suo lavoro. Venne accusato di essersi avvicinato troppo al potere politico. Non è vero!
Pochi mesi di dipendenza al ministero non possono far dimenticare il lavoro di dieci anni.
E Falcone lavorò incessantemente per rientrare in magistratura, in condizioni ottimali.
Per fare il magistrato, indipendente come lo era sempre stato. Morì, è morto, insieme a sua moglie e alle sue scorte e ora tutti si accorgono quali dimensioni ha questa perdita, anche coloro che, per averlo denigrato, ostacolato, talora odiato, hanno perso il diritto di parlare.
Nessuno tuttavia ha perso il diritto, e anzi ha il dovere sacrosanto, di continuare questa lotta…La morte di Falcone e la reazione popolare che ne è seguita dimostrano che le coscienze si sono svegliate e possono svegliarsi ancora.
Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera; facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che potremmo trarre (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro); collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, anche nelle aule di giustizia, accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità.
Dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo».


Paolo Borsellino, “Il discorso dell’amore”.

sabato 14 giugno 2014

Letture sparse...

E si parla di 11 settembre e si parla di guerra...

Dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’ 11 settembre, Tiziano Terzani ed Oriana Fallaci ebbero, sul “Corriere della Sera”, uno scambio d’opinioni piuttosto acceso sul loro modo di vedere la guerra in quella particolare e drammatica congiuntura.
Tiziano Terzani, in una lettera aperta del 4 ottobre, rimprovera alla scrittrice di fomentare gli animi e di incentivare, con le sue parole, fenomeni di intolleranza.
In quell’occasione Terzani scrive…

«Gandhi diceva: “Finché l’uomo non si metterà di sua volontà all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sarà per lui alcuna salvezza”.
E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci la salvezza? La salvezza non è nella tua rabbia accalorata, né nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per renderla più accettabile, “libertà duratura”. O tu pensi davvero che la violenza sia il migliore modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo e mondo non c’è stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sarà nemmeno questa.
Quel che ci sta succedendo è nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. È una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilità di nulla, tanto meno all’inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta.
Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rende sempre più tali. Pensiamoci bene…»

venerdì 23 maggio 2014

23 maggio: una data da ricordare...

23 maggio: una data da ricordare...



Ed oggi, per me come per una buona parte di siciliani, è giornata di lutto.
E' il riacutizzarsi di un dolore, di una sofferenza, di uno stato d'animo che ci accompagna come una seconda pelle perché ci ricorda la morte ingiusta e violenta di chi, in nome di un ideale, la Giustizia, ha donato la propria vita. Scrivo donato perché penso che sia un dono il loro esempio e tutti noi dovremmo farne tesoro per far sì che alcune cose non accadano. Non si può e non si deve accettare il sopruso, la violenza, la politica della sopraffazione di un fenomeno come la mafia. Non si può e non si deve accettare la connivenza e la regola del silenzio che quotidianamente ci circonda, come non si può e non si deve accettare passivamente la morte di coloro che attivamente hanno lottato e lottano contro ogni fenomeno perverso e criminoso che sistematicamente cerca di uccidere e ledere la nostra dignità di uomini onesti. Non posso e non voglio rimanere indifferente a quella parte di me che reclama Giustizia.
Non posso non ricordare!
Bisogna dare alla memoria il giusto peso, come bisogna dar peso a quegli eventi che hanno contrassegnato la Storia del nostro Paese.
Ed è questo peso che mi porta a dar spazio alla mia memoria e a ricordare la Strage di Capaci e le sue morti...
Morti che hanno fame, fame di Giustizia...

Tina Cancilleri

lunedì 7 aprile 2014

A proposito di...linguaggi!

Valenze comunicative…
Linguaggio…valenza comunicativa del linguaggio…ruolo del linguaggio…manifestazione del linguaggio…
Linguaggio! Il “ridondare” di questa parola sembra quasi un’ossessione.
Eppure non lo è. È semplicemente il metterne in rilievo l’importanza e il prenderne coscienza, consapevolezza; la consapevolezza di chi, come me, non perde mai di vista l’uso delle parole ed il modo in cui esse prendono forma, acquisiscono significato. Eppure le parole non “viaggiano” mai da sole! Esse “camminano” a braccetto con il contesto, con l’identità di chi parla, di chi si esprime, di chi manifesta il suo modo di esserci e di essere. Il suo modo di “esserci ed essere” è la sua identità nuda e cruda. Un’identità che è intrisa di una forma di comunicazione profonda e che ha un’altrettanta profonda valenza comunicativa quando accompagna ogni manifestazione di un’organizzazione criminale perché si inserisce all’interno di una precisa tradizione culturale. Tradizione che essa dialoga mettendo in rilievo la sua forza all’interno della società, del mondo circostante; un mondo in cui, in forma consapevole e non, vengono recepite influenze e sollecitazioni. Sollecitazioni che devono essere scardinate, soppresse ed eliminate affinché non si continui a perpetuare un meccanismo di identità contorta e malevola; malevola come il suo voler plasmare le giovani menti rendendole incapaci di distinguere il senso della Giustizia, dell’Onestà e della Dignità. Una dignità che va conquistata, trattenuta e difesa; difesa da coloro che vogliono dare un imprinting negativo alla cultura siciliana, alla popolazione siciliana, alla storia siciliana. Una storia fatta di colori caldi, caldi come questa terra che, “a testa alta”, sta cercando di assurgere a nuova vita.


         Tina Cancilleri

martedì 25 marzo 2014

Scrivere...

Quando scrivo, percepisco il mondo in movimento, elastico, pieno di possibilità.
Ed è come se mi si aprisse un altro mondo, un mondo pieno non soltanto di innumerevoli opportunità ma intriso di vita, una vita che pensavo di aver perso tra i meandri del mio doloroso esistere. Ed è in quel momento che, invece, riprovo il piacere di respirare nel modo giusto, totale, a pieni polmoni. Un respirare che mi dona la “visione” della bellezza del nostro vivere e che mi dà la possibilità di sfuggire dalla claustrofobia della quotidianità. Una quotidianità “malata” che, attraverso la scrittura, ha trovato una sorta di medicina che cura una malattia: il mal di vivere.


      Tina Cancilleri

lunedì 10 marzo 2014

Scrivere...

Quando si scrive non si fa altro che tradurre il proprio turbamento in parole; è sempre di se stessi che si parla e da ogni parola scritta traspare ciò che si è: un individuo che vive di emozioni; emozioni che parola dopo parola, pagina dopo pagina, divengono sentimenti capaci di esprimere un mondo. Un mondo che non sempre è facile raccontare ma che, all’atto della scrittura, assume la propria identità e muove la mano verso quella direzione che non pensavamo nemmeno di essere in grado di percorrere.
È come se la penna ci conducesse verso i meandri del nostro essere e ci spingesse a buttare fuori quel mondo interiore gelosamente custodito e che, inconsciamente, temiamo di mostrare agli altri. Ed è quella medesima penna che ci prende per mano e ci fa scoprire quelle parti di noi che non pensavamo di possedere. Ed è da questo scoprire/esplorare che emerge un nuovo Io, una nuova Identità, una nuova Persona che, man mano che scrive, si arricchisce di nuova Vita.


               Tina Cancilleri

sabato 8 marzo 2014

A proposito di..."Sconfitte"

“Appartiene alla mia natura non considerare irreparabili le sconfitte”.
Massimo Gramellini

La sconfitta!
Che cos’è la sconfitta? Che cosa rappresenta la sconfitta?
È uno stato d’animo, un sentimento o semplicemente senso di sopraffazione?
Non saprei…
Se dovessi dare una definizione o un significato a questa parola non saprei proprio da dove iniziare. Forse perché è da rapportare ai periodi della vita o forse perché semplicemente mi piace pensare che ad una sconfitta segue sempre una vittoria, una rinascita, un trionfo della forza interiore sullo sconforto, sullo scoramento, sulla prostrazione di fronte agli eventi negativi della vita.
Ed è come se quella/questa parola portasse con sé emozioni che difficilmente si riescono a controllare perché problematico è il rapporto con tutto ciò che ci crea disagio, difficoltà, imbarazzo o senso di oppressione.

Già! Oppressione verso qualcosa che va al di là della nostra volontà, della nostra capacità di autocontrollo, della nostra facoltà di gestire quegli stati d’animo che creano scompiglio e caos dentro di noi, dentro quella meravigliosa macchina interiore che è il nostro cuore. Un cuore che, come in una “torre di Babele”, conserva e trattiene tutto ciò che è esperienza, movimento, vita…


                                                       Tina Cancilleri

venerdì 28 febbraio 2014

A proposito di...carta e penna!

Carta…penna…scrittura…inchiostro…
C’è sempre un motivo per cui questi “elementi” fanno parte di noi.
Essi rappresentano una sorta di richiamo a cui non sempre riusciamo a dare una motivazione e non sempre sappiamo quale direzione prenderà la nostra penna…
Sicuramente ci porterà a mettere su carta una storia, una storia che, grazie all’atto della scrittura e all’inchiostro, prenderà forma e racconterà di una “figura” umana, delle sue contraddizioni interiori, dei suoi impulsi e delle sue inibizioni.
E saranno quei moti interiori, quegli stati d’animo a far emergere quel “magma incandescente” che è il nostro Io, la nostra Identità, il nostro Essere.
Ed è un continuo lavorio, un perenne creare per far venir fuori quella parte di noi che non conosciamo e che ci chiede di essere portata alla luce.
Ed è come se mettessimo a nudo noi stessi e ci esponessimo al pubblico giudizio senza alcuna forma di difesa, senza alcuna resistenza, senza nessuna remora perché si ha solo voglia di esprimere la propria “isola”, il proprio Io, il proprio essere se stessi.


                                                                                                                           Tina Cancilleri

mercoledì 26 febbraio 2014

A proposito di...lettori!

«Il lettore, facendo sua una storia, “protegge” un libro».
Roberto Saviano

Che cosa significa “proteggere” un libro?
Proteggere un libro significa farlo suo e coglierne il significato più profondo, più intimo, più nascosto.
Tutto dipende dall’«interlocutore», da chi legge, da chi dà significato alle parole e le interpreta.
Sembra semplice. Eppure non lo è.
Non è facile trovare un interlocutore capace di entrare in sintonia con chi scrive. Le parole non sempre sono “vissute” nella medesima dimensione e con la medesima intensità di chi le ha scritte.
Fare propria una storia significa riempirla di significato, colmare le ipotetiche distanze e di avvicinare il lettore all’autore.
È come se si venisse a creare una sorta di “alchimia del verbo” in cui le “due parti” si fondano e trovano uno spazio comune: lo spazio del pensiero, del “comun sentire”. Un sentire che parte da una riflessione intima perché intima è la scintilla che lo ha generato, lo ha portato a riflettere sull’essenza del vivere e sulla modalità che lo ha generato.

Generare una storia significa “portare alla luce” un pensiero…uno stato d’animo…un’emozione, ma ciò non significa che necessariamente questa storia verrà condivisa.
La condivisione è un processo lento perché implica l’assimilazione di un concetto e sentirlo proprio perché vi è affinità non solo d’espressione ma anche di giudizio, di pensiero…
Un pensiero che, dalla carta, passa all’intelletto e, infine, giunge tra le pieghe del nostro cuore per rimanervi impresso, perché non c’è scrittura migliore di quella che, giunta nei meandri del nostro cuore, si ferma per prenderne possesso…


                        Tina Cancilleri

giovedì 20 febbraio 2014

A proposito di...scrittura!!!

Ultimamente mi è capitato spesso di chiedermi che cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per me la scrittura.
Non sono uno scrittore, un narratore, un saggista, eppure la scrittura è quella parte di me più autentica, più viva, più vera.
Solo quando scrivo mi sento veramente me stessa ed è solo quando scrivo che tutto intorno a me si annulla. È come se entrassi in un’altra dimensione e tutto ciò che mi circonda divenisse aria, una folata di vento.
Ciò non significa che cancello la realtà. Semplicemente mi immergo in essa e me la porto dietro perché diviene parte di me, del mio essere, del mio scrivere. Uno scrivere che mi induce a muovere la mano per mettere su carta i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti, i miei stati d’animo più complessi.
È un irrefrenabile impulso a lasciare traccia di me stessa per la paura di passare inosservata perché non si ha nulla da raccontare, da dire.
È un bisogno ancestrale che parte dalle mie viscere per giungere sino a me sotto forma di parola. È la parola, infatti, che esclude il silenzio per dar voce a noi, al nostro essere parte di un mondo.


Un mondo che chiede di non frantumarsi in innumerevoli “mondi possibili” ma di dare loro una mole di alternative, di personaggi, di potenziali esistenze ma, allo stesso tempo, la capacità di non perdersi di fronte ad essi.
L’atto della scrittura è un dare una direzione ad alcuni tratti del mio carattere, dei miei impulsi, dei miei istinti. Essa è un continuo lavorio che mi porta spontaneamente a cercare il giusto equilibrio tra i miei “molteplici” modi di essere ed il mio essere me stessa.
È quella parte di me che mi induce alla riflessione e che mi spinge ad avere una certa soggezione di fronte a ciò che accade veramente non soltanto dentro di me ma anche all’interno dell’altro, di chi mi sta accanto.
Ed è questa sorta di soggezione che mi “invita”, sospinge, verso la scrittura.
È un atto di protesta, di sfida e persino di ribellione contro la tentazione di chiudermi in me, di erigere una barriera quasi impalpabile, amichevole e gentile, ma incredibilmente funzionale, fra me e gli altri, e fra me e me stessa.



            Tina Cancilleri

lunedì 10 febbraio 2014

A proposito di Niscemi...a proposito di Muos!

Niscemi e Vittoria. Aree diventate zone predilette per le scorribande e le guerre sanguinarie della Stidda e degli stiddari nella loro furia scissionista nei confronti di Cosa Nostra e tra loro, per il dominio della fascia che va da Vittoria fino ad Agrigento: e non si tratta di aree dell’entroterra siciliano interessate da pesante arretratezza, come si potrebbe pensare, ma di territori in cui c’è un’agricoltura florida. Da qui arriva la gran parte dell’ortofrutta italiana e qui, a Vittoria, si trova uno dei più grandi mercati ortofrutticoli europei alla produzione.
A Niscemi, per dire, c’è una coltivazione intensiva di carciofo violetto ma ci sono anche coltivazioni serricole di livello industriale e lo stesso avviene a Vittoria. Il Comune di Niscemi, che è stato sciolto più volte per infiltrazioni mafiose, è stato  governato per cinque anni, dal 2007 al 2012, da un’amministrazione di centrosinistra  con a capo Giovanni Di Martino, un avvocato schierato a difesa delle vittime di mafia e da sempre in prima linea contro la criminalità organizzata: per il suo impegno di primo cittadino è stato anche minacciato.
NISCEMI È UN PAESE SIMBOLO, nel male e nel bene. È il paese in cui la frana, ferita aperta nel cuore della terra argillosa indispettita dalla violenza degli uomini, si è mangiata interi quartieri. È IL PAESE IN CUI I MILITARI dell’Alleanza atlantica, le FORZE DEGLI STATI UNITI, HANNO DECISO DI COSTRUIRE IL MUOS (Mobile User Objective Sistem)nel CUORE di una RISERVA, la cosiddetta SUGHERETA: tra le aziende al lavoro per la posa del basamento in cemento vi è stata anche un’impresa sospettata di collusioni con la mafia. Niscemi è un simbolo perché qui qualche anno fa un gruppo di cittadini, per evitare che la mafia incendiasse per l’ennesima volta l’edificio scolastico, ha deciso di barricarsi nelle classi: se bruciano la scuola bruceranno anche noi, così dicevano.
[…]
Gli incendi si fermarono e la scuola è ancora lì.


Nino Amadore, I sovversivi. In terra di mafia la normalità è rivoluzione, Editore Laterza.

lunedì 3 febbraio 2014

Leggendo con...Nulla die!

Al ventesimo giorno uscii dalla cabina che era notte fatta. Mi incamminai verso il fiume. Avrei voluto una delle due sigarette di mio fratello. Arrivai sul ponte. Qua e là donne sole. Appoggiate al parapetto. Ogni tanto un’auto si fermava di fronte a una di loro che mormorava qualcosa al conducente. Qualcuna saliva a bordo. Ne riconobbi immediatamente la voce, inconfondibile.
“Ma che ti credi che te la do gratis?” chiedeva con un tono forse leggermente alterato.
Qualcuno la importunava. Era tre donne avanti a me. In un balzo la raggiunsi.
“Non infastidire questa gentildonna!” apostrofai il ragazzo alla guida di una Ka. Ripartì senza il coraggio di controbattere. Lei mi guardava esterrefatta.
“Ancora tu? Ma che vuoi? Sei una piattola!” E fece come per andare via, la pudica.
“Posso accompagnarla a casa? Sa…a quest’ora…con certi tipi…per una signora sola…e poi per una donna come lei…” Si voltò sgranò gli occhi rise sonoramente. Era chiaramente compiaciuta.
Da allora la vado a prendere tutte le sere al ponte. Non rinuncia alle sue passeggiate serali. Del resto ognuno ha i suoi difetti. Io per esempio non riesco a smettere di versare acqua in un bicchiere se non quando arriva al bordo e poi per bere debbo prima abbassare il livello risucchiandola con il mento appoggiato sul tavolo per non sprecarne neanche una goccia.
Durante il tragitto sino a casa sua parliamo di tante cose. Ama molto i programmi televisivi. Qualche volta mi permette di chiamarla Dulcinea e mi dà un bacio sulle labbra. Ma è così timida.
Per questo non le ho ancora chiesto di sposarmi.
Potrebbe spaventarsi.


Laura De Angelis, Ballata di assoli, Nulla die edizioni.

venerdì 31 gennaio 2014

Dolori...

Per quanto si cerchi di eluderlo, il dolore è sempre avvolto da una coltre di nubi ed è imprigionate in gabbie che noi stessi abbiamo costruito.
A nulla valgono i nostri tentativi di raggirarlo, ubriacandoci di esperienze e sensazioni sempre nuove per evitare di confrontarci con esso.

Quando meno ce lo aspettiamo, lui si mostrerà a noi nella sua interezza e noi non potremo fare a meno di accoglierlo perché è solo da “quell’accoglienza” che dipenderà la soluzione di tutti i nostri nodi irrisolti.

Tina Cancilleri

lunedì 27 gennaio 2014

Gocce di memoria...

Non chiedermi come fosse mia madre: si può descrivere il sole? Da mamma emanavano calore, forza, gioia. Ricordo più l’effetto che mi faceva che non i suoi lineamenti. Accanto a lei ero contento, sicuro che non potesse succedermi niente di male.
Tant’è vero che quando salirono i soldati tedeschi non mi spaventai. Mi limitai a recitare la parte del bambino muto: d’intesa con i miei genitori, preoccupati che il mio yiddish mi tradisse, smettevo di parlare non appena si avvicinavano le divise grigio-verdi o i cappotti di pelle nera. In quell’anno 1942 eravamo tenuti a portare cucita addosso una stella gialla, ma mio padre, da bravo sarto, aveva trovato il modo di confezionarci soprabiti che permettevano di nascondere le stelle e di farle apparire in caso di bisogno. Mia madre le chiamava le nostre «stelle filanti».
Mentre i militari conversavano senza prestare attenzione a noi, sentii mia madre irrigidirsi e cominciare a tremare. Per istinto? O aveva sentito una frase rivelatrice?
Si alzò, mi mise una mano sulla bocca e alla fermata successiva mi spinse frettolosamente verso l’uscita. Una volta sul marciapiede le chiesi: «Perché scendiamo qui? Noi abitiamo più in là!».
«Facciamo due passi, Joseph. Ti va?»
A me andava tutto quello che andava a lei, anche se le mie gambette da settenne faticavano non poco a tenere il suo passo, diventato improvvisamente più scattante e affrettato del solito.
Per strada propose: «Andiamo a trovare una gran signora, vuoi?».
«Si. Chi è?»
«La contessa di Sully».
«E quanto è alta?»
«Eh?»
«Hai detto che è grande…»
«Nel senso che è nobile».
«Nobile?»
Così, spiegandomi che nobile vuol dire persona di alti natali, discendente da una vecchia famiglia, e che, proprio per questa sua nobiltà, bisognava portarle molto rispetto, mi condusse fino all’anticamera di un magnifico palazzo dove fummo ricevuti da alcuni domestici.
Là ci rimasi male, perché la donna che ci venne incontro non corrispondeva affatto a quello che avevo immaginato: per quanto proveniente da una «vecchia» famiglia, la contessa di Sully aveva un’aria molto giovane, e per quanto «gran» dama di «alti» natali, era più o meno della mia statura.
Scambiarono velocemente qualche parola sottovoce, poi mia madre mi diede un bacio e mi disse di aspettarla lì fino al suo ritorno.
La piccola, giovane e deludente contessa mi condusse in salotto dove mi offrì tè e dolcetti e si mise a suonare ariette al pianoforte. Davanti all’altezza dei soffitti, all’abbondanza della merenda e alla bellezza della musica decisi di rivedere il mio giudizio e, sprofondandomi contento in una poltrona, dovetti ammettere che era una «gran dama».
Lei smise di suonare, dette un’occhiata all’orologio, sospirò, poi si girò verso di me con aria preoccupata.
«Joseph, non so se capirai quello che ti sto per dire, ma il nostro sangue ci vieta di nascondere la verità ai bambini».
Doveva essere un’abitudine dei nobili, ma io che c’entravo? Credeva che fossi nobile anch’io? magari lo ero. Io, nobile? Chissà… Perché no? Se, come lei, non bisognava essere né alti né vecchi, forse avevo delle possibilità.

«Joseph, tu e i tuoi genitori siete in grave pericolo. Tua madre ha sentito parlare di arresti che verranno fatti nel vostro quartiere. È corsa ad avvertire tuo padre e quanta più gente possibile. Ti ha lasciato da me perché tu sia al sicuro. Spero che torni. Ecco tutto. Spero proprio che torni».
Accidenti, forse era meglio non essere nobili tutti i giorni: la verità faceva piuttosto male!

«Mamma torna sempre. Perché non dovrebbe tornare?»

«Perché la polizia potrebbe averla arrestata».
«Cosa ha fatto?»
«Niente. Non ha fatto niente. È…».
E qui la contessa emise un lungo gemito di petto che le fece tintinnare le perle della collana. I suoi occhi si inumidirono.
«È cosa?» domandai.

«È ebrea».
«Certo che è ebrea. Siamo tutti ebrei, in famiglia. Anch’io, sai».
Si vede che avevo ragione, perché mi baciò su entrambe le guance.
«Anche tu sei ebrea, signora?».
«No, sono belga».
«Come me!»
«Si, come te. Ma cristiana».
«Cristiana è il contrario di ebreo?»
«Nazista è il contrario di ebreo».
«i cristiani non li arrestano?»
«No».
«Allora conviene essere cristiani».
«Dipende di fronte a chi ti trovi. Vieni, Joseph, ti faccio vedere la casa intanto che aspettiamo il ritorno della mamma».
«Ah, lo vedi che torna?»
La contessa di Sully mi prese per mano.



Erich – Emmanuel Scmitt, Il bambino di Noè.

domenica 26 gennaio 2014

A proposito di...MUOStri!!!



E non si può non provare, sentire, un dolore misto a lacrime amare per lo scempio che stiamo vivendo. Niscemi sta vivendo il suo/il nostro dramma con la consapevolezza che bisogna lottare, non arrendersi, non dare credito a tutte quelle voci che continuano a replicare che non c'è speranza, non c'è possibilità di vittoria contro il MUOStro e contro coloro che ne stanno appoggiando la realizzazione. Ma Niscemi continua a mostrare il suo dissenso e guarda avanti, guarda verso il futuro che sogna e che il MUOStro gli vuole rubare.
Niscemi non arretra, non si lascia intimorire, non si lascia influenzare dal silenzio che la pervade come una cappa che vorrebbe opprimerla...
Niscemi chiede solo di essere ascoltata perchè il "suo" MUOStro è il nostro MUOStro e non vorrebbe che, prima o poi, ci ritrovassimo a dover fare i conti con la nostra coscienza...

mercoledì 8 gennaio 2014

Poi successe l'incredibile...

«Oltre alle guerre aperte c’erano anche le guerre di sfinimento, le azioni quasi pacifiche che permettevano a una sola persona di vendicare i soprusi dei grandi».
Susanna Tamaro

Chissà perché c’è bisogno di «vendicare il sopruso dei grandi» e chissà perché i “piccoli”, pur aborrendo la violenza, si ritrovano a buttar fuori la parte “peggiore” di loro per non farsi sopraffare dalle dinamiche perverse della politica, dell’economia, della guerra. Una guerra che è sempre di logoramento perché implica una presa d’atto, un non voler deporre le armi perché verrebbe visto come un atto di debolezza. Una debolezza che non può essere accettata né dai “grandi” né dai “piccoli” perché significherebbe ritornare sui propri passi e mostrare segni di cedimento; un cedimento che non deve nemmeno trapelare nell’esercito nemico perché significherebbe rivalutare la propria posizione e mostrare quella parte di sé che và celata, nascosta, difesa dallo sguardo attento dell’avversario; un avversario che, seppur “piccolo”, spesso e volentieri, ha imparato a sue spese le dinamiche di questo gioco-forza e non si arrende alle dinamiche di guerra ed alla politica di sopraffazione dei “grandi” e le combatte con le uniche armi che possiede: con la manifestazione pacifica del proprio dissenso.
Un esempio?
Il Movimento NO MUOS di Niscemi, ossia quel Movimento costituito da “semplici” cittadini che hanno dimostrato e continuano a dimostrare grande coraggio e forza d’animo nell’affrontare non solo quel grande mostro che è il MUOS e le 46 antenne NRTF ma anche le istituzioni che vi stanno dietro. Istituzioni barbare e becere il cui unico obiettivo è mostrare la loro potenza militare e politica a discapito di tutto e tutti.
Un “TUTTO” e un “TUTTI” che, nel Movimento No Muos, hanno trovato la loro voce e proclamano con forza il proprio NO!
NO al MUOS!
NO alla GUERRA!
NO alla MAFIA!
NO a qualsiasi forma di VIOLENTA SOPRAFFAZIONE!
Forza ragazzi! Avanti tutta! Ce la possiamo fare…


Parma 8 gennaio 2014           Tina Cancilleri