Matteo
Meschiari
Spazi
Uniti d’America
Etnografia
di un immaginario
Edizione: Quodlibet
Collana: Quodlibet
Studio
Data Pubblicazione: 2012
Pagine: p.
151
Prezzo: 16.00
euro
Isbn: 978-887462-488-1
“Dov’è
l’America?
Nemmeno
gli Americani lo sanno”.
Forse perché l’America
è “infinita”, o forse semplicemente perché è immensa. Immensa come gli spazi sconfinati
che la caratterizzano ed infinita come le emozioni che suscita quando la si
percorre.
Ma, del resto,
come non emozionarsi di fronte alla vastità dei paesaggi, alla varietà degli
orizzonti, alla molteplicità dei confini…
Confini che
designano, descrivono e raccontano un viaggio: un viaggio dentro l’uomo. Ed è
da quell’uomo che bisogna partire per perdersi nei meandri di questa smisurata “terra”
che, metaforicamente, non conosce limiti e confini. Confini talmente poco
visibili che provocano “spaesamento”. Uno spaesamento tangibile da un lato, ma
interiore dall’altro, perché è come perdersi…perdersi per poi trovarsi…ritrovarsi…È
un bisogno…una necessità…un cammino interiore tra le sinuosità dell’animo umano…dell’uomo…un
uomo che ha consapevolezza del tempo e della storia…della propria storia. Una storia
che ha origine in uno spazio…uno spazio sconfinato, inimmaginabile e che,
pertanto, ne contrassegna il rapporto: un rapporto complesso, anomalo, perché è
come appropriarsi di una dimensione…una dimensione che riguarda non solo le
cose e la realtà che ci circonda ma anche la propria vita. Una vita che ha
bisogno di essere esplorata ma anche riconosciuta all’interno di un contesto. Ed
è proprio da questo bisogno interiore di “riconoscersi” che ci si addentra e ci
si appropria del proprio spazio, uno spazio che non è solo fisico, ma è anche
mentale, emotivo, empatico…
Ed è nel momento
in cui ci si appropria dello spazio e della propria corporeità che, come ha messo
in risalto lo stesso autore durante la sua presentazione presso la Libreria Ubik
di Parma, ci si appropria della vita, delle cose…
…”Cose che
tradiscono” e che necessitano di essere “collocate”, gestite, canalizzate e
razionalizzate…Razionalizzate come lo spazio che sottolinea un bisogno…una
necessità…la necessità di riappropriarci del nostro vissuto; un vissuto che,
dall’autore, viene esplorato e visitato con l’occhio dell’antropologo ma anche
con l’occhio di un uomo che, attraverso il suo scrivere, ci consente di aprire
numerose “finestre sul mondo”, molteplici “porte” ed infinite “soglie”.
“Soglie” che schiudiamo
all’atto della lettura di ogni singolo capitolo che, “magicamente” ci regala
innumerevoli suggestioni e ci aiuta ad entrare nell’immaginario di un mondo che
ancora non conosciamo ma che ci appartiene perché rappresenta l’accelerazione,
il pedale spinto di cio che noi siamo.
Ma noi…cosa siamo?
Siamo John Doe o
gli ipotetici Matthew? O, semplicemente, “una delle tante Americhe possibili”?
Tina
Cancilleri
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