domenica 28 luglio 2013

Amo la realtà...

Amo la realtà…
Amo la realtà per quello che è e non per quello che dovrebbe essere o si vorrebbe che fosse.

Amo la realtà per quello che è e non mi ritraggo di fronte ad alcun aspetto di essa per quanto l’imprevedibilità spesso mi disorienti.
Amo la realtà per quello che è e non per sovrappormi ad essa attraverso la scrittura. Anzi, la scrittura la sostanzia, fa parte di essa e le dona concretezza, forza, coerenza.
Amo la realtà per quello che è perché mi consente di avvicinarmi ad essa ed alle cose del mondo con una particolare attenzione verso tutto ciò che è vita, movimento, pensiero.Amo la realtà per quello che è e soprattutto perché non mi consente di definire i contorni del mio essere che sono in continua evoluzione.
Amo la realtà per quello che è e perché, attraverso la scrittura, mi permette di essere testimone del mio tempo.
Amo la realtà per quello che è e perché mi mette a disposizione gli strumenti, giusti o sbagliati che siano, per interpretarla.
Amo la realtà per quello che è e perché solletica la mia immaginazione e, attraverso le parole, mi offre la possibilità di vivere il dolore degli altri.
Amo la realtà per quello che è e perché racchiude una verità: una verità che non sarà con la V maiuscola ma che sento profondamente mia perché la vivo.
Amo la realtà per quello che è, ma amo anche coloro che “la raccontano per come la conoscono”: senza pedanteria, con umorismo e immaginazione.
Amo la realtà per quello che è e non per quello che dovrebbe essere o si vorrebbe che fosse.
Amo la realtà…


         Tina Cancilleri

giovedì 18 luglio 2013

A proposito di...MAFIA!

MAFIA, LINGUAGGIO, IDENTITÀ.
Il 19 luglio si avvicina e, come ogni anno, il 19 luglio è il rinnovarsi di un lutto, di un dolore, di un malessere; un malessere che non è fisico ma è intimo, interiore, intrinseco. Intrinseco come la rabbia che esplode ogni qualvolta ci si ritrova a “fare i conti” con un fatto delittuoso, con un omicidio, con un atteggiamento che richiama quel fenomeno il cui nome difficilmente si riesce a pronunciare: MAFIA.
Un nome che dovremmo imparare a scandire per poterne cogliere l’essenza, il significato più intimo ma anche il linguaggio, l’identità.
Perché la mafia è anche questo! Perché la mafia è soprattutto questo!

È linguaggio, comunicazione, identità. Un’identità che mette in rilievo un senso di appartenenza che deve essere scardinato, sfaldato, fiaccato perché non si può rimanere indifferenti di fronte ad un fenomeno delittuoso come non si può rimanere inermi di fronte alla manifestazione di una violenza; una violenza che è fisica, mentale, sociale.
Perché la mafia è questo! Perché la mafia è soprattutto questo!
È una indiscriminata manifestazione di violenza che si esplica in tutti i contesti del nostro vivere quotidiano e sta a noi non dare spazio ad un fenomeno, un atteggiamento, un linguaggio. Un linguaggio, un atteggiamento, un fenomeno che deve essere annullato per dare spazio alla speranza, alla speranza di chi, in una Sicilia migliore, ci vuole ancora credere.

Barrafranca 18 luglio 2013         Tina Cancilleri


martedì 16 luglio 2013

Racconti di...mafia!

Luci…
Erano in due ad attendere: lui e loro.
Entrambi attendevano  lo spegnersi delle luci; luci che assumevano un significato diverso, perché diversa era la loro posizione, il loro punto di vista, la loro dimensione…
Lui attendeva lo spegnersi della paura, della frenesia del “parlare” senza il timore di non essere “ascoltato” e loro…loro attendevano lo spegnersi delle luci della comunicazione. Tutto doveva fermarsi: la luce dei media, la luce della visibilità, la luce della giustizia. Tutto doveva essere coperto da una “coltre di nubi” per non dare spazio alla parola, al pensiero, al detto.

Tutto doveva fermarsi: la voglia di vivere, di raccontare, di emergere.
Tutto doveva fermarsi: la voglia di guardare oltre i muri dell’indifferenza…della noncuranza…dell’oblio.
Tutto doveva fermarsi!
Non bisognava dare spazio a quel giovane che, nell’arco di pochi mesi aveva messo a nudo una società, un sistema, un modus vivendi.
Tutto doveva fermarsi, compresi coloro che, nonostante tutto, continuavano a credere nella forza della parola...Una parola che veniva scritta per dare loro visibilità e vigore…
E quel giovane…quel giovane aveva capito tutto, aveva capito che l’unico modo per continuare a vivere era scrivere; scrivere di un mondo che lui conosceva sin troppo bene perché in quel mondo vi era cresciuto ed era diventato uomo.
Non l’uomo che essi si aspettavano ma “pur sempre” un uomo, un uomo che denunciava la violenza di un sistema, la morte di una società, la violazione di un diritto: il diritto alla parola.
Eppure quell’uomo non si era fermato,non si era arreso, non aveva permesso loro di spegnere la luce.

Lui continuava a brillare…a brillare di luce perché «Il mondo», si sa, «è la pagina che scrivi» e lui, di pagine, ne aveva scritte talmente tante da essersi garantito, paradossalmente, un diritto: il diritto alla vita.


                                         Tina Cancilleri