martedì 2 settembre 2014

La festa dell'insignificanza di Milan Kundera

«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. È con noi ovunque e sempre. È presente anche dove nessuno la vuole vedere: negli orrori, nelle battaglie cruente, nelle peggiori sciagure. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla».

«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita».
È in queste poche parole che è racchiusa la chiave di lettura dell’ultima fatica letteraria di Milan Kundera che, dopo quattro anni di silenzio, è ritornato in libreria con uno scritto difficilmente “catalogabile”. Del resto, come “catalogare” un testo che all’apparenza potrebbe sembrare un “banale” divertissement (seppure molto raffinato!), ma che, in realtà, custodisce e contiene in esso un’amara meditazione sull’essenza della vita? Una vita che Kundera, attraverso i suoi personaggi snocciola con la sua consueta ironia. Un’ironia che viene usata con grande maestria per mettere a confronto il presente ed il passato, il reale e l’inventato. Un reale e un inventato che si fondono e si confondono per lasciare campo aperto a folgoranti digressioni su temi a carattere storico, filosofico, artistico e musicale. Digressioni che, inevitabilmente, ci inducono a riflettere sull’individuo. Un individuo che, si legge tra le pagine del testo, viene messo davanti ai misteri irrisolti della vita e diviene anch’egli “insignificante”. “Insignificante perché l’autore, volutamente, dipinge i suoi personaggi come sagome indistinguibili, come senza identità. A tratti si ha quasi la sensazione che essi siano delle marionette create da un demiurgo, un maestro che talvolta si diverte a intervenire. Alla fine, ciò che emerge è che il mondo attuale è fatto do omologazione, uniformazione e insignificanza. Ma siccome non si può rivoluzionare il mondo, tanto vale non prenderla sul serio.
E se il lettore può trovarsi disorientato e non comprendere l’apparente disordine narrativo, al termine dell’opera tutti i pensieri trovano il loro incasellamento e la figura protagonista di questo romanzo/non –romanzo appare nitida nella mente.
«L’insignificanza, amico mio, è l’essenza della vita. È con noi ovunque e sempre. Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla».
Ed è con libri come questi che non si può non ritenere veritiera l’affermazione di sir Francis Bacon che diceva:
«Alcuni libri devono essere assaggiati, altri trangugiati, e alcuni, rari, masticati e digeriti».
Buona lettura a tutti!


Nessun commento:

Posta un commento