domenica 25 agosto 2013

A proposito di...luci!

Luci…
Erano in due ad attendere: lui e loro.
Entrambi attendevano  lo spegnersi delle luci; luci che assumevano un significato diverso, perché diversa era la loro posizione, il loro punto di vista, la loro dimensione…
Lui attendeva lo spegnersi della paura, della frenesia del “parlare” senza il timore di non essere “ascoltato” e loro…loro attendevano lo spegnersi delle luci della comunicazione. Tutto doveva fermarsi: la luce dei media, la luce della visibilità, la luce della giustizia. Tutto doveva essere coperto da una “coltre di nubi” per non dare spazio alla parola, al pensiero, al detto.
Tutto doveva fermarsi: la voglia di vivere, di raccontare, di emergere.
Tutto doveva fermarsi: la voglia di guardare oltre i muri dell’indifferenza…della noncuranza…dell’oblio.
Tutto doveva fermarsi!
Non bisognava dare spazio a quel giovane che, nell’arco di pochi mesi aveva messo a nudo una società, un sistema, un modus vivendi.
Tutto doveva fermarsi, compresi coloro che, nonostante tutto, continuavano a credere nella forza della parola…Una parola che veniva critto per dare loro visibilità e vigore…
E quel giovane…quel giovane aveva capito tutto, aveva capito che l’unico modo per continuare a vivere era scrivere; scrivere di un mondo che lui conosceva sin troppo bene perché in quel mondo vi era cresciuto ed era diventato uomo.
Non l’uomo che essi si aspettavano ma “pur sempre” un uomo, un uomo che denunciava la violenza di un sistema, la morte di una società, la violazione di un diritto: il diritto alla parola.

Eppure quell’uomo non si era fermato,non si era arreso, non aveva permesso loro di spegnere la luce.
Lui continuava a brillare…a brillare di luce perché «Il mondo», si sa, «è la pagina che scrivi» e lui, di pagine, ne aveva scritte talmente tante da essersi garantito, paradossalmente, un diritto: il diritto alla vita.


       Tina Cancilleri

venerdì 9 agosto 2013

Letture sparse,,,

Caos senza inchiostro

Scrivere comincia a divenire una malattia,
un bisogno dolcissimo che annienta l’anima,
e non esistono muri, barriere, cieli, persone
che possano cancellare la mia voglia di trascrivere
emozioni, sentimenti, parole, felicità, urla.

Eppure questo trascinare musicali pensieri
mi turba come la violenza degli occhi grigi di mia madre,
non so cosa sarò domani, o quando invecchierò,
ma la scrittura mi avrà accompagnato in ogni splendida fase,
ed io morirò fiero di quelle poche strade poetiche percorse.

Ritornerò sulla luna capovolta dai miei versi,
guarderò storto le illusioni che mi hanno dato compagnia,
e sentirò il gemito ricorrente del sogno poesia,
in fondo ripeto sempre la medesima storia:
la mia vita è un caos senza inchiostro.


Matteo Amodeo, E i mari e le poesie, Edizioni Nulla Die.

mercoledì 7 agosto 2013

A proposito di...infanzia!

Infanzie violate…violate infanzie…
Difficile mettere ordine tra i propri pensieri quando si parla di pedofilia. Forse perché “l’oggetto” della discussione è molto delicato o forse perché si ha paura di scadere nella banalità, nel già detto, perdendo di vista il “fulcro” che dovrebbe orientare i nostri pensieri: il bambino.
Quando parliamo di pedofilia siamo talmente pervasi dalla rabbia…dall’ acredine e dal rancore che smarriamo “l’elemento” più importante: il bambino.
Quel bambino che “per eccesso d’amore” è stato profanato…violato…calpestato… Ed è sempre quel bambino che, dopo aver subito il trauma della violenza e della perversa umana crudeltà, ha bisogno di essere accolto…compreso…aiutato…affinchè quella violenza…quella profanazione…quella sopraffazione non sia portatrice di altra violenza…di altra profanazione…di altra sopraffazione per uno “spostamento” improprio del dolore…Perché è questo il rischio che si corre!!! Ossia…Essere “vittime indirette” di quella violenza…farsi sopraffare da essa e non dare il giusto aiuto…il giusto soccorso a chi, quella violenza, “direttamente” l’ha subita.

Già! Bisogna stare attenti! Non si deve perdere di vista il bambino! Bisogna focalizzare la propria attenzione sulla “vittima diretta”…su chi quella violenza “direttamente” l’ha subita! Non bisogna perdere di vista il bambino…quel bambino che ha vissuto il dramma…lo sta ancora vivendo e continuerà a viverlo se non lo si aiuta tempestivamente a canalizzare e razionalizzare un dolore…Un dolore che, se non orientato “positivamente”, può creare altro dolore e può continuare a lacerare irreversibilmente l’anima del futuro adulto…Un adulto che, non avendo avuto la possibilità o la capacità di esternare e indirizzare la propria rabbia, la propria frustrazione, il proprio dolore, da grande, si ritroverà a continuare a vivere quel dolore in tutta la sua drammaticità…in tutta la sua tragicità…in tutta la sua “irrazionale” interezza…
Scrivo “IRRAZIONALE” non perché ritengo insensata o poco concreta l’angoscia generata da una violenza subita, ma perché diviene irrazionale il controllo emotivo che da essa ne scaturisce…
Perché è irrazionale il senso di colpa che molte vittime si portano dietro, come se quella violenza l’avessero indotta loro…
Perché è irrazionale la non accettazione della propria corporeità per la perenne paura di divenire “visibili” agli altri…
Perché è irrazionale il rapporto col sesso perché ci si continua a sentire profanati, violati, violentati, anche quando si è razionalmente consapevoli che si è in una “situazione” di vero amore; un amore che ha bisogno di essere orientato ed accolto nella giusta dimensione…nella dimensione di chi, amando, senza orpelli, aiuta l’altro a ritrovarsi…conoscersi ed andare oltre il proprio dramma per ritrovare il sole…Un sole che è stato messo in ombra dalla violenza altrui ma che bisogna avere il coraggio e la forza di ritrovare per non perdersi…per se stessi e…per la vita che verrà…
                                   
Tina Cancilleri