mercoledì 25 giugno 2014

A proposito di...Costituzione!

«Lo stato è la Costituzione a patto che la contenga in sé davvero. Attualmente non è che una vuota scorza.»
Leonardo Sciascia


Negli ultimi giorni, ho letto e riletto questa frase non so quante volte. Forse perché la sento un po’ mia o forse perché sto semplicemente vivendo il disincanto di chi, questa Costituzione, la sta vedendo violentata, calpestata, umiliata, offesa.
Non c’è giorno in cui non si assiste al triste “spettacolo” di uomini “di potere” che abusano della loro “autorità” per disonorare quei principi e quegli ideali per cui ogni Costituzione nasce.
Si parla tanto di diritti e di doveri, ma non se ne conosce più l’essenza, il significato più profondo.
Non è un caso che, giorno dopo giorno, assistiamo al vanificarsi di quei tanto osannati principi che dovrebbero regolamentare il vivere civile. Un vivere civile che non dovrebbe mai mancare di rispetto a quel “elemento” fondamentale che è l’Uomo, ossia quell’individuo che, in quelle norme, ricerca la propria tutela. Una tutela che, troppo spesso, si sta vedendo mancare perché altri sono gli interessi di chi ci governa.
Vedesi il caso del Muos!
In questi giorni abbiamo assistito all’orrore e all’assurdità di un Senato che si è sottomesso arbitrariamente ad un’altra nazione che non ha nessun diritto di decidere le sorti di una Regione. Una Regione che sta vedendo vilipesi una miriade di diritti tra cui il diritto alla salute e alla conservazione dei beni paesaggistici e ambientali; ma anche il sacrosanto diritto di non veder calpestata, distrutta e annientata la propria Terra per puro opportunismo politico!
Dov’è finita la democrazia? Dov’è finita l’etica, la morale? Dov’è finita la sovranità popolare? Dov’è finito il rispetto per i diritti umani? Dove sono finiti i valori quali la libertà, la giustizia, il rispetto reciproco, la non violenza?
Dov’è la nostra Costituzione? Dov’è?
È sprofondata negli abissi! Negli abissi del bieco interesse di pochi, di quei pochi che, impropriamente, stanno facendo man bassa di un territorio e di quei cittadini cge, in quel territorio, ci vivono…



                            Tina Cancilleri

lunedì 23 giugno 2014

Pensieri crepuscolari...

Al buio le cose appaiono in maniera diversa rispetto a come le abbiamo sempre immaginate.
Per una strana alchimia assumono una consistenza diversa, un significato diverso, un valore diverso.
Forse perché il buio ci induce alla riflessione o forse perché il buio ci costringe a vedere oggetti e persone sotto una luce diversa, talmente diversa da farci rivalutare i nostri pensieri. Pensieri che cercano di mettere a fuoco eventi e persone che fanno parte della nostra vita da sempre e di cui noi ci siamo “costruiti” un’immagine che mai avevamo pensato di poter rivalutare.
Eppure succede! Un giorno ci si “sveglia” e ci si accorge che quelle persone sono decisamente differenti rispetto a come le avevamo immaginate, rispetto a come le “avevamo vissute”, rispetto a come ci eravamo illusi che fossero.

Ed è come se da quel “buio” da cui quel pensiero è scaturito emergesse la “luce”. Una luce che ci consente di vedere quelle persone nella giusta dimensione e senza “veli”; veli che sono stati rimossi e che sottolineano quelle “ombre” interiori che tu non avevi mai voluto vedere e che adesso, con lucidità, osservi ed incanali per dar loro il giusto peso.


    Tina Cancilleri

giovedì 19 giugno 2014

Letture sparse...

Quelle macchie - il difetto di fabbrica della sua esistenza - sarebbero rimaste lì, sospese, insieme a tutto il resto (e quanto resto c'era stato da sopportare!) senza che nessuna gioia futura potesse cancellarne la gravità.
Il ricordo di quel momento la umiliava sempre: era da allora che quell'anellide smunto privo di personalità, frustrato e infelice per tutte le delusioni che la vita gli aveva riservato (Vittoria scoprì solo da adulta che suo padre era frutto di una violenza sessuale, e che da giovane era stato in carcere per una rapina), non era stato più un uomo da rispettare, ma solo qualcuno che aveva causato prima e prolungato poi, durante tutta la loro esistenza, l'infelicità di sua madre.Non era più riuscita a guardarlo con gli occhi clementi di una figlia, e ora, anche se era morto, non poteva perdonargli quelle ferite e mettere un fiore sulla sua tomba.

Catena Fiorello, "Casca il mondo, casca la terra", Rizzoli.

domenica 15 giugno 2014

Paolo Borsellino, “Il discorso dell’amore”.

Ad un mese di distanza dalla Strage di Capaci, dalla morte del giudice Giovanni Falcone, Paolo Borsellino ricorda il fraterno amico ed il fedele compagno in un discorso tenuto a Palermo il 23 giugno.
È il suo ultimo intervento pubblico.
Dalla sua lettura emerge con drammaticità la solitudine e l’amarezza di questo giudice che, se da un lato denuncia la mancanza di tutela da parte dello Stato, dall’altro mette in rilievo il suo idealismo, il suo amore per l’amico scomparso…per la vita…per lo Stato…per la sua Terra…

«Giovanni Falcone lavorava con perfetta coscienza che la forza del male, la mafia, lo avrebbe un giorno ucciso. Francesca Morvillo stava accanto al suo uomo con perfetta coscienza che avrebbe condiviso la sua sorte. Gli uomini della scorta proteggevano Falcone con la perfetta coscienza che sarebbero stati partecipi della sua sorte.
Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché non si è turbato, perché è sempre stato pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore!
La sua vita è stata un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato.
Perché se l’amore è soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, e per coloro che gli sono stati accanto in questa meravigliosa avventura, amare Palermo e la sua gente ha avuto ed ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ciò che era ed è possibile dare dalle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa città e la patria cui essa appartiene.
[…] Per lui la lotta alla mafia non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni […], le più adatte a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità.
Ricordo la felicità di Falcone […] quando in un breve periodo di entusiasmo, conseguente ai dirompenti successi originati dalle dichiarazioni di Buscetta, egli mi disse: ‘La gente fa il tifo per noi’. [Qui Borsellino si ferma per quasi due minuti, per gli applausi che lo sommergono]. Questa stagione del ‘tifo per noi’ sembrò durare poco, perché ben presto sopravvenne il fastidio e l’insofferenza al prezzo che per la lotta alla mafia doveva essere pagato dalla cittadinanza. Insofferenza alle scorte, insofferenza alle sirene, insofferenza alle indagini, insofferenza che finì per legittimare un garantismo di ritorno, che ha finito per legittimare a sua volta provvedimenti legislativi che hanno estremamente ostacolato la lotta alla mafia, il loro codice di procedura penale. E adesso hanno fornito un alibi a chi, dolosamente spesso, colposamente ancor più spesso, di lotta alla mafia non ha più voluto occuparsi.
In questa situazione Falcone andò via da Palermo.
Non fuggì ma cercò di ricreare altrove le ottimali condizioni per il suo lavoro. Venne accusato di essersi avvicinato troppo al potere politico. Non è vero!
Pochi mesi di dipendenza al ministero non possono far dimenticare il lavoro di dieci anni.
E Falcone lavorò incessantemente per rientrare in magistratura, in condizioni ottimali.
Per fare il magistrato, indipendente come lo era sempre stato. Morì, è morto, insieme a sua moglie e alle sue scorte e ora tutti si accorgono quali dimensioni ha questa perdita, anche coloro che, per averlo denigrato, ostacolato, talora odiato, hanno perso il diritto di parlare.
Nessuno tuttavia ha perso il diritto, e anzi ha il dovere sacrosanto, di continuare questa lotta…La morte di Falcone e la reazione popolare che ne è seguita dimostrano che le coscienze si sono svegliate e possono svegliarsi ancora.
Sono morti per noi e abbiamo un grosso debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera; facendo il nostro dovere, rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che potremmo trarre (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro); collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, anche nelle aule di giustizia, accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità.
Dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo».


Paolo Borsellino, “Il discorso dell’amore”.

sabato 14 giugno 2014

Letture sparse...

E si parla di 11 settembre e si parla di guerra...

Dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’ 11 settembre, Tiziano Terzani ed Oriana Fallaci ebbero, sul “Corriere della Sera”, uno scambio d’opinioni piuttosto acceso sul loro modo di vedere la guerra in quella particolare e drammatica congiuntura.
Tiziano Terzani, in una lettera aperta del 4 ottobre, rimprovera alla scrittrice di fomentare gli animi e di incentivare, con le sue parole, fenomeni di intolleranza.
In quell’occasione Terzani scrive…

«Gandhi diceva: “Finché l’uomo non si metterà di sua volontà all’ultimo posto fra le altre creature sulla terra, non ci sarà per lui alcuna salvezza”.
E tu, Oriana, mettendoti al primo posto di questa crociata contro tutti quelli che non sono come te o che ti sono antipatici, credi davvero di offrirci la salvezza? La salvezza non è nella tua rabbia accalorata, né nella calcolata campagna militare chiamata, tanto per renderla più accettabile, “libertà duratura”. O tu pensi davvero che la violenza sia il migliore modo per sconfiggere la violenza? Da che mondo e mondo non c’è stata ancora la guerra che ha messo fine a tutte le guerre. Non lo sarà nemmeno questa.
Quel che ci sta succedendo è nuovo. Il mondo ci sta cambiando attorno. Cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. È una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’11settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilità di nulla, tanto meno all’inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta.
Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rende sempre più tali. Pensiamoci bene…»