mercoledì 30 gennaio 2013

Racconti di...mafia!!!


Aria di cambiamenti…


Seduta su una panchina, Rosalba continuava ad osservare il figlio più piccolo mentre giocava con gli altri bambini all’interno di un parco della periferia di Roma.
Quante cose erano cambiate nell’ultimo anno: il pentimento…il programma di protezione…il trasferimento in una località segreta…i processi…
Eppure, nonostante i continui disagi, le paure e le perplessità relative alla sua scelta, si sentiva contenta. Contenta di poter offrire ai propri figli una vita migliore, diversa e, perché no, anche sconosciuta, fuori dai canoni della “ragion di mafia”. Già…”la ragion di mafia”…questo mostro dai mille tentacoli da cui non era riuscita a sottrarsi fino all’anno prima.
Era stato il figlio maggiore, Vito, ad invocarla al cambiamento! Il ragazzo principiava a diventar grande e, l’arrivo dell’adolescenza, lo aveva portato a guardare il mondo circostante e la “famiglia” con occhi diversi.
Già…
Erano suoi, gli occhi di chi voleva dir basta a quei giochi di anime in pena che sfidavano la vita come in un campo di calcio.
Era suo, lo sguardo altero e fiero di chi, al di fuori degli schemi mafiosi e malavitosi, voleva crearsi una nuova oasi di pace!
Era sua, la destata coscienza di chi aveva voluto guardar oltre quel velo di Maya a cui era stato educato!
Ed era sempre sua, la tenacia e la risolutezza con cui aveva condannato la vita della madre che, in più occasioni, dopo la latitanza e, successivamente, la detenzione dei fratelli, aveva dimostrato di essere un capo ed un reggente vero del mandamento della sua cittadina!
In effetti, lei non era stata una semplice “donna di mafia” come tante altre, ma una boss in gonnella che comandava i picciotti, decideva taglieggiamenti ed ordinava delitti.
Proprio cosi!
Lei era stata un capomafia a tutti gli effetti, dotata della stessa dignità ed autorità dei fratelli, adesso reclusi con la 41 bis!
Poi…poi quel figlio l’aveva incoraggiata nella scelta, l’aveva aiutata a tagliare legami di sangue e legami criminali che per lei erano una cosa sola, inscindibili tra loro!
Era quel figlio che le aveva instillato, goccia a goccia, il germe del pentimento!
E Rosalba l’aveva assecondato…aveva saltato il fosso, lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue!
Era stato abile Vito!
Lui, “piccolo uomo”, era riuscito a spingere la madre verso il cambiamento e lei, boss in gonnella e depositaria di molti segreti di mafia, adesso si ritrovava a riempire decine e decine di verbali d’interrogatorio per offrire un futuro migliore alla sua unica ragion d’essere: i figli.
Tina Cancilleri

sabato 26 gennaio 2013

27 gennaio 1945 - 27 gennaio 2013

27 gennaio 1945 . 27 gennaio 2012
Amici miei,
domani ricorre il "Giorno della Memoria" ed io non posso non ricordare...Nessuna polemica...nessun falso moralismo o perbenismo...Solo ricordo perché...come ho scritto stamattina..."Non c'è Storia senza Memoria"...
http://youtu.be/AMvd6X-X9rQ

Recensione di...Una bambina e basta di Lia Levi


Lia Levi
Una bambina e basta
Edizione: Edizioni e/o
Collana: Tascabili
Data pubblicazione: 1999
Pagine: 115 p.
Prezzo: € 7,50
Isbn: 88 – 7641 – 307 – 3

“Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono a mezza altezza…ora saprai tutto anche tu, ci penseranno  loro a impacchettarti la notizia come una merendina”.

Son queste le parole con cui ha inizio il libro di Lia Levi, Una bambina e basta, pubblicato per le Edizioni e/o, per la prima volta, nel 1994 e vincitore del “Premio Elsa Morante opera prima”.
Il testo riprende un doloroso spaccato di vita della nostra storia nazionale e, nello specifico, quello relativo alla persecuzione ebrea durante la seconda guerra mondiale.
In questi sessant’anni fiumi di parole son state spese per cercare di parlare dell’Olocausto, nel tentativo di raccontare, spiegare, capire, l’atrocità di quegli anni, di quella tragedia. Romanzi, saggi, testi di storia storiografici, biografie e autobiografie, opere di poesie e album fotografici hanno cercato di mantenere la memoria della Shoah, di trasmettere alle generazioni future i sentimenti dei protagonisti, l’atrocità dei carnefici, o comunque il dramma vissuto in prima persona su un versante e sull’altro.
Questo “racconto”, rispetto a tanti altri testi che trattano l’argomento, ha un grande pregio: la sua prospettiva. Stavolta il punto di vista non è quello dell’adulto ma quello di una bambina assolutamente “normale” che la sua origine razziale rende improvvisamente diversa. Il romanzo, infatti, riporta, senza manierismi di sorta, gli eventi relativi alle leggi razziali durante il periodo fascista in Italia con gli occhi di una bambina che, travolta dagli eventi, racconta le sue preoccupazioni, le sue paure.
Quello che emerge dal testo, prettamente autobiografico, è la voglia dell’autrice di raccontare la sua storia, quella di una bambina ebrea che si trova improvvisamente ad affrontare problemi più grandi di lei e molto spesso ingigantiti e resi ancora più difficili dagli adulti. Non a caso l’incipit del libro recita: “Non mi piacciono i grandi quando decidono di farti un discorso: si sentono evoluti e magnifici, ti guardano negli occhi, cercano il tono di mezza altezza…ora saprai tutto anche tu, ci penseranno loro a impacchettarti la notizia come una merendina” perché lei era solo…”Una bambina e basta”.

Tina Cancilleri
  

giovedì 24 gennaio 2013

Recensione di...The Morning Star di Romina Casagrande



Romina Casagrande
The Morning Star
Editore: Nulla Die
Collana: N d Fantastica
Prezzo: 20,00 €
Pagine: 200
 Isbn: 978-88-97364-59-7

Chi è la Stella del Mattino? E soprattutto, cos’è? Angelo o demone?
Chissà…Forse entrambi! O forse nessuno dei due! O forse ha cambiato “volto” perché è cambiata la prospettiva…il contesto…il secolo…
E forse sono cambiati pure gli angeli ed i demoni che hanno accompagnato ed accompagnano Raphael ed Alina nel loro percorso sulla Terra. Una Terra ricca di insidie, macchinazioni, inganni che sembra non lascino spazio alla speranza eppure, man mano che la trama si infittisce, alcuni protagonisti, addirittura, grazie alla straordinaria maestria della scrittrice, sembrano assumere atteggiamenti antitetici alla loro natura: una natura ambigua, indefinibile, sfuggente…Sfuggente come colui da cui tutto ha avuto inizio: Lucifero.
Un Lucifero che, ancora una volta, ha “lanciato i dadi” perché “ama” il gioco…”adora” l’imprevedibile e “predilige” quelle bizzarrie capaci di confondere, complicare e sconvolgere la mente di coloro che, ab illo tempore, cercano di porre fine al suo regno; un regno che, adesso, non ha più una linea di demarcazione ben delimitata e che pertanto ridefinisce i margini di una “realtà fittizia” in cui angeli e demoni continuano a scontrarsi per “ridar voce” ad una “realtà concreta”…una realtà in cui, forse, non ci sono né vincitori né vinti ma, semplicemente, angeli e demoni dai lineamenti umani…troppo umani.

Tina Cancilleri

lunedì 21 gennaio 2013

“Certe volte la nebbia” di Francesco Giannoccaro... Emozioni e suggestioni perché…il dialogo…si sa…non ignora le differenze ma…


“Certe volte la nebbia” di Francesco Giannoccaro
Emozioni e suggestioni perché…il dialogo…si sa…non ignora le differenze ma…
Amo i puntini di sospensione! Forse perché mi piace pensarli come ad un invito…un invito a riflettere, meditare, soppesare… Cosa? Le parole!
Soppesare una parola significa darle consistenza, concretezza, vivacità, colore. Un colore che, a volte, può sembrare un invito al cupo, al buio, al bigio. Un po’ come accade con la nebbia. Ma la nebbia, come ha messo in evidenza Francesco Giannoccaro, dialogando con il suo relatore, l’amico–poeta Lino Angiuli, durante la sua presentazione presso la Libreria Ubik di Parma, può nascondere ben altro. Non è un caso che essa, a volte, benevolmente, ci costringa a guardare oltre, oltre quella coltre di foschia che sembra voglia obnubilare il nostro pensiero e ci invita a volgere lo sguardo oltre quel velo di tristezza, di ipotetico oblio e di nostalgico meditare che sembra insito nella sua natura; una natura fatta di luci e ombre, ombre che divengono luce attraverso il dialogo…il confronto…l’incontro; un incontro che mette in rilievo, come ha sottolineato il relatore Lino Angiuli, la complementarità della diversità. Una diversità che, “in un mondo globalizzante ed omologante”,  non sempre viene accettata, accolta, gradita, ma a cui bisogna aspirare, tendere per dare all’incontro…al confronto…al dialogo nuova luce; una luce capace di mettere in circolo un mondo nuovo, un mondo in cui Nord/Sud…Sole/Nebbia…Caldo/Freddo diventino sinonimo di ricchezza, di acquisizione di nuove prospettive, di nuove finestre sul mondo: un mondo in cui questi elementi si mescolano e si fondono per creare una circolarità nuova, dinamica, vitale…
Talmente vitale da rendere unica e irripetibile un’esperienza, l’esperienza di tre giovani studenti pugliesi (a cui ha dato voce, durante la presentazione, Massimiliano Telera) che, a distanza di vent’anni, ritornano a Parma (ormai stimati professionisti) e “rinnovano” un patto…un patto di solidarietà e di comunanza di intenti che non sono solo culturali ma anche affettivi. L’autore, infatti, ha sottolineato la valenza positiva non tanto dei legami di sangue quanto quelli emotivi, empatici, quasi viscerali, che si instaurano con alcune persone durante il corso della nostra esistenza.
Un esistenza in cui non può non esserci apertura verso la diversità perché...
“Basta solo un treno” per unire, fondere, unificare, paesi e culture diverse e…”basta solo un treno”, giusto per continuare a “rubare” le parole all’autore, per dare spazio a sentimenti ed emozioni che non appartengono a nessuno spazio ed a nessun tempo perché appartengono solamente a chi li vive.
Già! “Basta solo un treno” per dare luogo a sentimenti di amicizia, di fratellanza, di solidarietà, di comunanza di intenti e…”basta solo un treno” per aprire nuove finestre sul mondo. Francesco Giannoccaro lo ha fatto. Lo ha fatto portandosi dietro l’amico Lino Angiuli ma anche il poeta Lino Angiuli a cui ha dedicato l’ultima parte della sua presentazione e…giusto per chiudere con le parole dell’autore…”basta solo un treno”, il treno di una piccola casa editrice dell’entroterra siciliano, Nulla die, per accorciare le distanze che, “certe volte”, sono più mentali che fisiche.
Non è un caso che la carta, la scrittura, la cultura, ci aiutino a cogliere la similarità in un mondo in cui, sempre più spesso, si ha difficoltà ad accettare le ipotetiche differenze…

Tina Cancilleri  
Massimiliano Telera, ossia colui che ha dato voce alle parole del romanzo!

Francesco Giannoccaro e Lino Angiuli
Tina Cancilleri



lunedì 14 gennaio 2013

Racconti di...mafia!!!


Padri di “famiglia”…

 
“Non parlo”!
Erano state queste le parole di Giovanni davanti a poliziotti e magistrati!
Lui, uomo di “Cosa nostra”, aveva un curriculum inappuntabile da preservare!
Non sarebbe stato quell’arresto a scalfirlo e così…nonostante la gravità delle imputazioni…la richiesta di collaborazione…Giovanni continuava a mantenere il classico portamento degno di un capo.
Non poteva permettersi di esitare!
Non adesso!
Non ora!
Era troppo importante il suo silenzio!
Una parola in più e…tutto ciò che si era faticosamente conquistato, passo dopo passo, sarebbe andato perduto!
Doveva stare calmo!
Doveva riflettere!
Doveva mantenersi lucido!
“La miglior parola è quella che non si dice”, continuava a ripetersi.
Almeno…non adesso!
Non ora!
Nessuna esitazione, adesso!
Nessun cedimento, ora!
Il momento era importante, cruciale!
Silenzio!
Doveva stare solo in silenzio!
“Lei” avrebbe compreso!
Era troppo vicino alla meta!
Silenzio!
La “famiglia” osservava!
Silenzio!
La “famiglia”…tra quelle quattro mura…sentiva!
Silenzio!
La “famiglia” vedeva!
Silenzio!
La “famiglia” esigeva!
Silenzio!
Giovanni sapeva…”Il silenzio è d’oro”!
Giovanni non parlava…non sentiva…non vedeva!
Giovanni non poteva…
Non adesso!
Non ora!
L’obiettivo…non doveva perdere di vista l’obiettivo!
“Lei” avrebbe compreso!
Era un monito il suo!
Silenzio!
“Lei” avrebbe dato il giusto peso all’evento!
Silenzio!
Nessuna parola!
Non adesso!
Non ora!
Solo silenzio perché…si sa…”il silenzio è d’oro”!

Tina Cancilleri

 

domenica 13 gennaio 2013

Silenzi...

Silenzio...assenza di rumore...di suoni...di parole...di voci...
Solo silenzio...silenzio e vuoto...un vuoto che non ti riesci a spiegare ma che fa parte di te...delle tue giornate...del tuo relazionarti al mondo...
Vorresti colmarlo...riempirlo...renderlo vivace, eppure...
Eppure ti accorgi che...per quanto tu cerchi disperatamente di affidargli un suono...una parola...una voce...non ne sei capace...non sei capace di riempire gli spazi e quindi...senza grandi patemi...rimani ancorato ai tuoi fedeli compagni:il silenzio ed il vuoto...

venerdì 11 gennaio 2013

Attenti!!!! Attenti al MUOS!!!!

Amici miei,
ci sono occasioni in cui non si può rimanere indifferenti al richiamo della propria coscienza e bisogna avere il coraggio...la forza...il vigore giusto per stringersi in un abbraccio solidale...
Un abbraccio forte...vigoroso...coraggioso al punto tale da unirsi a coloro che lottano per un diritto...un diritto comune...Un diritto che non riguarda soltanto la Sicilia...
...ma l'intera comunità...la comunità di cittadini che non possono accettare l'usurpazione di un diritto...
...Non si può rimanere inermi di fronte ad un sopruso...al sopruso di forze militari che ledono i nostri diritti...
DIAMO VOCE ALLA NOSTRA COSCIENZA!!!


Venerdì, 11 gennaio 2013: il venerdì nero della Sicilia inizia presto. Poco più tardi passa la gru che completerà la costruzione del MUOS nella sughereta di Niscemi 
Già all’una, in piena notte, numerosi mezzi, blindati e non, della polizia e dei carabinieri con centinaia di uomini in assetto antisommossa cinge un assedio spaventoso alla contrada Apa-Ulmo di Niscemi. Scopo dei blocchi, evidente e dichiarato (e forse pure annunciato dalle parole, solo all’apparenza prive di senno, di ministri tecnici e mestieranti della politica) è impedire il transito ai cittadini, siciliani e non, diretti al presidio No MUOS. Un presidio, peraltro, sorto su una proprietà privata di cui il movimento sta perfezionando l’acquisto.
Ma il perché di un tale schieramento contro semplici cittadini, pacifici, armati solo delle proprie ragioni (ragioni peraltro sancite dal buon senso prima ancora che dalle norme del diritto italiano e comunitario, dalla costituzione italiana e persino dalle convenzioni e dai trattati internazionali) non sfugge: quello schieramento vuole sì spaventare, dissuadere mi sembra inappropriato, ma non solo. Vuole spaventare, ma punta a impedire, riuscendoci, ai padri e alle madri di famiglia e ai numerosi ragazzi accorsi, anche solo di avvicinarsi al tragitto che seguirà la gru.
Già la gru: “grazioso” aggeggio meccanico che solleva quattro o cinquecento tonnellate sino a 165 metri di altezza. Avete sentito bene: 165 metri. Cosa solleveranno mai, stavolta? E tanto in alto? Niente di che, normale amministrazione per le arms-mafie e i signori della guerra: ciò che ancora manca all’arma perfetta per le guerre del terzo millennio. Ossia le parabole che completeranno la costruzione della stazione di terra del MUOS in Sicilia all’interno della riserva naturale Sughereta di Niscemi ove sorge una base militare a esclusivo uso della marina militare degli Stati Uniti. Per due mesi gli attivisti No MUOS con la loro pacifica azione di denuncia sono riusciti a ritardarne il passaggio. Oggi, di colpo, non possono più avvicinarsi: il governo italiano ha deciso, rendendosi complice, di fatto, delle logiche della guerra e degli interessi della shock economy, di un’economia basata sulla guerra e che realizza, in barba a ogni crisi, affari fiorenti e profitti miliardari. Profitti dell’industria bellica che hanno un alto, altissimo, costo sociale e umano: queste armi di Niscemi, a forma di tre antenne paraboliche, grandi ciascuna quanto un campo di calcio, posizionate su giganteschi pilastri di cemento armato alti 150 metri circa, causano gravi danni (oltre che all’ambiente e alla sua bellezza e varietà di flora e fauna) alla salute e alle attività umane, economiche o ricreative che siano. E non basta: il MUOS è circondato da 91 antenne (che, forse, ma non posso dirlo con certezza, nel frattempo sono diventate 95) alcune alte decine e decine di metri, una addirittura 150 metri. Antenne tutte utilizzate esclusivamente dalla marina militare americana, senza che lo stato italiano o la NATO vi abbiano il benché minimo accesso, per guidare droni (aerei senza piloti che stazionano in Sicilia, sempre più impiegati nelle operazioni belliche), sottomarini ad armamento nucleare, missili. Antenne che studi del politecnico di Torino, o compiuti da fisici indipendenti e da agenzie pubbliche di ricerca hanno accertato, non solo come nocive, ma come letali perché superano di molto i limiti consentiti dalla legge. Una legge aggirata anche dalla rigidissima normativa regionale che, con un codicillo al regolamento emanato il 5 settembre scorso, non si applica “agli ambiti militari”… Sic!
Chi arriva nelle prime ore di questo venerdì nero, i più in macchina, qualcuno a piedi, si trova dinanzi la polizia, nei suoi minacciosi equipaggiamenti, schierata davanti a fari accecanti, telecamere blindate e idranti puntati contro la gente. I mezzi sono schierati a bloccare le strade: una paletta intima l’alt, una folta pattuglia di irriconoscibili agenti armati di manganelli in mano e protetti da caschi e scudi circonda chi arriva. Realizza l’accerchiamento con fare svelto, professionale, distaccato e poi grida una sola frase: “di qua non si passa.” Se sei alla guida, provi a farfugliare qualcosa, se puoi fare inversione, mentre chi sta nel sedile accanto al tuo attacca un “la leucemia ce la prendiamo tutti, anche i vostri figli”, intanto armi da fuoco impugnate da altre mani guantate spuntano a dar manforte a chi minaccia l’uso del manganello. La frase cambia di poco, ma il tono è ancora più perentorio: “di qua non si può passare”. Dal buio spunta un altro agente, che si agita, tradendo l’aplomb dei suoi colleghi, e ti intima di abbassare le luci. Non avendo capito al volo, abbassi il finestrino, in cuor tuo stramaledici quel sant’uomo di Rosario Crocetta che se avesse revocato le autorizzazioni, lui che poteva, ti avrebbe risparmiato l’umiliazione di vederti un manganello sfiorarti il naso fin dentro la macchina perché non hai abbassato le luci che disturbano le riprese delle telecamere dal blindato. Capisci, però, che ti aspetta di peggio. E che il blitz notturno, perché è di notte che si muove chi ha qualcosa di losco da fare, perché il favore della notte arride ai signori della guerra, ti vedrà soccombere. Ma non ti arrendi subito, ragioni, cerchi di unirti ad altri, ti informi.
Saputo, con una certa approssimazione, dov’è arrivato il lento viaggio notturno della gru, se sei in mezzo a quella gente che almeno vuol vedere e poter raccontare a tutti quel che stanno facendo di notte e lontano dagli occhi della stampa locale e nazionale, percorri mille viottoli di campagna, fino a quando ne trovi uno non presidiato in armi e aggiri il blocco.
Sai che altri sono più avanti, stanno tentando di rallentare il transito della gru e del convoglio che la scorta: una colonna composta da una mezza dozzina di camion, molti mezzi e tanti uomini della polizia e dei carabinieri. Sai che quelli che sono andati un po’ più in là sono già stati sopraffatti, ma fai anche tu la stessa cosa degli altri: ti fermi e aspetti. Il freddo punge, le voci si rincorrono ai cellulari o con lo scambio di sms, il tempo passa in un attimo e arriva il convoglio. Alzi le mani, applaudi, ti fai vedere: si fermano. Provi a dialogare con i celerini (lo so che non si dice più così, ma non li voglio offendere, per carità), ma ti rendi conto che ti eri illuso: uno in borghese, in mezzo a quelli come te, si mette di lato e dice, teatrale: “Al tre!” Tutti lo guardano, lui scandisce: “Signori, u-no, due-e, TRE!”. Ti strattonano, in tanti, ti spingono, con gli scudi, con i manganelli con le mani guantate. Anche l’ultima resistenza è piegata. Qualcuno si rialza, grida, invoca. Un celerino, detto sempre senza offesa, si sofferma un momento e ti parla in siciliano — che arte, in mezzo fra il cinico e il qualunquista che gli hanno insegnato! — per dirti quello che non ti aspetti, quasi a giustificarsi: “Abbiamo l’ordine di farli passare, non possiamo fermarli, prendetevela con gli onorevoli che avete votato, non ce n’è al vostro paese?”
“Già, gran pezzo di rintronato”, gli vorresti rispondere, “io di gente così non ne voto”, ma lui si è già unito ai suoi colleghi. Peccato non portasse un cartellino identificativo, obbligatorio per tutti gli altri dipendenti delle pubbliche amministrazioni.



Lettera di un paziente al proprio medico...


Lettera di un paziente al proprio medico...
Gentile dr.ssa S.,
difficile “mettere su carta” emozioni, come difficile è cercare di spiegare…esprimere…manifestare i sentimenti che accompagnano questa lettera…
Già! Una lettera…la lettera di una paziente che, a distanza di un anno, mette sulla bilancia i risultati ottenuti e gioisce…
Gioisce per due motivi:
1.    perché comincia a star meglio;
2.    perché nel suo “percorso di malata” ha avuto la fortuna di incontrare un medico che si è preso cura di lei… Una cura attenta…delicata…empatica…talmente empatica da rendere meno doloroso il disagio della sofferenza…del malessere…dell’incapacità di affrontare con forza la quotidianità...una quotidianità contrassegnata dal confronto con i propri limiti…limiti che una paziente non sempre è disposta ad accettare…
Ma un bravo medico…un medico come lei…riesce a rendere più semplice anche ciò che è difficile, ossia la convivenza con una malattia ed io…da paziente poco paziente (scusi il gioco di parole!) , non posso non ringraziarla!
Non posso non ringraziare quel medico, quella S., che rappresenta il perfetto connubio di professionalità e umanità…Un’umanità solare perché intrisa…carica di energia positiva…l’energia di chi ama il proprio lavoro e lo fa con sguardo attento verso l’altro…quell’altro che non è un semplice malato o una banale diagnosi ma è una persona…un individuo…un individuo fatto di carne ed ossa ma anche di raziocinio e di cuore…un cuore attento alle sfumature…alle sfumature di chi…per lavoro ma anche per predisposizione interiore…si prende cura di lui…

Tina Cancilleri