«Il
lettore, facendo sua una storia, “protegge” un libro».
Roberto Saviano
Che
cosa significa “proteggere” un libro?
Proteggere
un libro significa farlo suo e coglierne il significato più profondo, più
intimo, più nascosto.
Tutto
dipende dall’«interlocutore», da chi legge, da chi dà significato alle parole e
le interpreta.
Sembra
semplice. Eppure non lo è.
Non
è facile trovare un interlocutore capace di entrare in sintonia con chi scrive.
Le parole non sempre sono “vissute” nella medesima dimensione e con la medesima
intensità di chi le ha scritte.
Fare
propria una storia significa riempirla di significato, colmare le ipotetiche
distanze e di avvicinare il lettore all’autore.
È
come se si venisse a creare una sorta di “alchimia del verbo” in cui le “due
parti” si fondano e trovano uno spazio comune: lo spazio del pensiero, del
“comun sentire”. Un sentire che parte da una riflessione intima perché intima è
la scintilla che lo ha generato, lo ha portato a riflettere sull’essenza del
vivere e sulla modalità che lo ha generato.
Generare
una storia significa “portare alla luce” un pensiero…uno stato
d’animo…un’emozione, ma ciò non significa che necessariamente questa storia
verrà condivisa.
La
condivisione è un processo lento perché implica l’assimilazione di un concetto
e sentirlo proprio perché vi è affinità non solo d’espressione ma anche di
giudizio, di pensiero…
Un
pensiero che, dalla carta, passa all’intelletto e, infine, giunge tra le pieghe
del nostro cuore per rimanervi impresso, perché non c’è scrittura migliore di
quella che, giunta nei meandri del nostro cuore, si ferma per prenderne
possesso…
Tina
Cancilleri
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