lunedì 21 ottobre 2019

Malattie "immaginarie"...

Ci sono malattie che, seppur invasive,non si vedono ad occhio nudo. Sono malattie “invisibili”, perché invisibili sono i segni di quel lento decadimento sia fisico che psicologico. Scrivo lento perché lenta è la diagnosi e lenti divengono i segni di ripresa di quel malato che, pur cercando di vivere al meglio la propria quotidianità, fatica a portare avanti le sue giornate. Giornate che diventano lunghe, insostenibili, frustranti, perché frustrante è la consapevolezza di non star bene, come frustrante è l’incapacità di reagire alle giornate no. Un no che mette dentro di tutto un po’: il dolore, la stanchezza, l’apatia, il disagio. Un disagio che mette a nudo quella malattia “invisibile” eppure così viva, così presente, così reale. Ed è quella realtà che il malato vive. Una realtà fatta di sofferenza che, a volte, risulta inspiegabile, perché inspiegabile è la diagnosi. Faccio un esempio.

Nel 1994 la fibromialgia è stata classificata come reumatismo dei tessuti molli, ma agli inizi del 1900 veniva considerata una “semplice” malattia infiammatoria dei muscoli. Alcuni specialisti la consideravano addirittura una malattia a base psicologica. La malattia degli ipocondriaci veniva definita, perché non se ne conoscevano (e non se ne conoscono ancora!) le cause. Eppure molti pazienti che soffrono di fibromialgia accusano sintomi come dolori diffusi, affaticamento, disfunzione cognitiva, problemi del sonno ed altri che gli studiosi ritengono possano essere correlati ad un coinvolgimento del sistema nervoso centrale. Tutt’ora si fa fatica a diagnosticare la fibromialgia e si fa fatica a centrare la cura. Una cura che spesso è a base di psicofarmaci (pur non essendo i pazienti malati di depressione!) e di miorilassanti che buttano ancora più giù fisicamente i pazienti. Pazienti che soffrono e che non riescono ad avere un rimedio efficace alla loro sofferenza fisica e che gradualmente diventa anche emotiva perché vorrebbero semplicemente un ritorno alla normalità…   

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