Ci
sono giorni in cui si ha quasi l’impressione che un’ombra ci offuschi le
speranze, persino i ricordi. È come brancolare nel buio perché non si riesce a
vedere quel pizzico di luce capace di farci uscire da quel tunnel in cui siamo
entrati e di cui non riusciamo a vedere la via d’uscita.
Una
via d’uscita lontana…talmente lontana da ottundere la nostra volontà…la nostra
voglia di guardare avanti…il nostro desiderio di volgere lo sguardo al mondo.
Un mondo che ha deluso le nostre aspettative, ha disatteso le nostre speranze e
che intorpidisce i nostri ricordi. Ricordi che svaniscono, non trovano spazio
in questa nuova dimensione in cui si ha l’impressione di gridare nel vento e
rimanere inascoltati. Inascoltati dalle persone che ci circondano, da coloro
che ci amano e soprattutto da noi stessi che non siamo più in grado di udire
perché troppo doloroso sarebbe il confronto con le proprie paure…con le proprie
fobie…con le proprie angosce…
Angosce
che celano un malessere profondo…vivido e viscerale…Viscerale come quell’ombra
che si è insinuata nella nostra mente e che scatena i dubbi sul perché del
nostro esistere…del nostro andare avanti e soffrire, del nostro continuare a
picchiare testa e cuore contro quel “muro del pianto” che ci porta ad
incamerare malessere su malessre…dolore su dolore…insoddisfazione su
insoddisfazione…frustrazione su frustrazione…sconfitta su sconfitta…
Ed
è sempre quell’ombra che, approfittando del buio della notte, si insinua nella
nostra mente e fa man bassa dei nostri pensieri senza dare spazio alla
speranza. Ed è proprio nelle ore notturne che, in solitudine, abbassiamo la
guardia ed eliminiamo ogni forma di pudore e viene fuori la parte più intima e
nascosta di noi che mette in risalto la nostra vigliaccheria, la nostra
incapacità a far fronte al marasma che stiamo vivendo.
Un marasma che ci porta
ad ammettere di essere calamitati verso la fine, verso il nostro ennesimo
fallimento. Ed è questa nuova incrinatura del nostro esistere che ci induce a
vergognarci e ad isolarci per evitare di farci “cucire addosso” un “vestito”
che non ci piace e che porta i segni del cedimento, che rinuncia al dialogo con
noi stessi e con gli altri ed è proprio in quel momento che si vorrebbe
diventare trasparenti, trasparenti come lo sforzo che si fa per guardare avanti
quando si vorrebbe solamente precipitare nel più profondo degli abissi e dire
basta…basta a tutta quella sofferenza che non siamo più in grado di sopportare
e che ci lacera…ci lacera anche quei pochi brandelli di vita che ancora tolleriamo…
Tina Cancilleri