Luci…
Erano
in due ad attendere: lui e loro.
Entrambi
attendevano lo spegnersi delle luci;
luci che assumevano un significato diverso, perché diversa era la loro
posizione, il loro punto di vista, la loro dimensione…
Lui
attendeva lo spegnersi della paura, della frenesia del “parlare” senza il
timore di non essere “ascoltato” e loro…loro attendevano lo spegnersi delle
luci della comunicazione. Tutto doveva fermarsi: la luce dei media, la luce
della visibilità, la luce della giustizia. Tutto doveva essere coperto da una
“coltre di nubi” per non dare spazio alla parola, al pensiero, al detto.
Tutto
doveva fermarsi: la voglia di vivere, di raccontare, di emergere.
Tutto
doveva fermarsi: la voglia di guardare oltre i muri dell’indifferenza…della
noncuranza…dell’oblio.
Tutto
doveva fermarsi!
Non
bisognava dare spazio a quel giovane che, nell’arco di pochi mesi aveva messo a
nudo una società, un sistema, un modus vivendi.
Tutto
doveva fermarsi, compresi coloro che, nonostante tutto, continuavano a credere
nella forza della parola…Una parola che veniva critto per dare loro visibilità
e vigore…
E
quel giovane…quel giovane aveva capito tutto, aveva capito che l’unico modo per
continuare a vivere era scrivere; scrivere di un mondo che lui conosceva sin
troppo bene perché in quel mondo vi era cresciuto ed era diventato uomo.
Non
l’uomo che essi si aspettavano ma “pur sempre” un uomo, un uomo che denunciava
la violenza di un sistema, la morte di una società, la violazione di un
diritto: il diritto alla parola.
Eppure
quell’uomo non si era fermato,non si era arreso, non aveva permesso loro di
spegnere la luce.
Lui
continuava a brillare…a brillare di luce perché «Il mondo», si sa, «è la pagina
che scrivi» e lui, di pagine, ne aveva scritte talmente tante da essersi
garantito, paradossalmente, un diritto: il diritto alla vita.
Tina Cancilleri